In
uno degli antichi regni dei Lore, al tempo della Fenice Azzurra, nacque una
bimba di nome Neverell…
Era
una fresca giornata d’autunno e il mondo era tinto di colori caldi, sfumature
di giallo e oro, rosso e marrone. A tutti fu subito chiaro che la fanciulla
fosse diversa dagli altri Sidenlore: le sue ali, invece che candide e
argentate, erano scure e spente.
Né
la sua bellezza, né la sua gioviale esuberanza, riuscirono mai a colmare, negli
anni, quel senso di stranezza che si
provava stando alla sua presenza e quando giunse il momento di prender marito,
i suoi genitori temettero che sarebbe rimasta per sempre sotto la loro
protezione, non vedendo possibile che un signore nobile e onorevole potesse
apprezzarla.
Giunse
invece un giorno, da molto lontano, un ricco mercante con uno stuolo di
servitori e guardie del corpo, che sostando nel regno per vendere le proprie
merci, ebbe modo di conoscere Neverell e di desiderarla. Senza pensarci due
volte la chiese in moglie ai suoi genitori e questi, approfittando di quella
che ai loro occhi sembrò una grande fortuna, acconsentirono.
Dal
canto suo Neverell non si oppose, ringraziando devotamente colui che sarebbe
divenuto il suo tutore; lasciò reame e famiglia e intraprese un lungo viaggio
per raggiungere la sua nuova patria. Giunta a destinazione rimase presto incinta
e non potendo seguire il marito per via del suo stato, questi la fece
alloggiare in uno dei suoi sontuosi palazzi promettendole che sarebbe tornato
il giorno della nascita del suo erede e così fece ogni volta che Neverell rimase
incinta.
Quando
le cose sembravano trascorrere al culmine di ogni serenità, gli affari del
marito di Neverell precipitarono paurosamente in un baratro di povertà e si
ritrovarono ben presto senza più ricchezze.
Neverell
dovette far ritorno nel suo reame natìo con i figli, mentre il suo decaduto
signore fu costretto a partire in cerca di fortuna.
Una
mattina Neverell si alzò molto presto e andò da sola nella foresta,
profondamente turbata e ansiosa. Camminò a lungo finché non vide qualcosa
d’incredibile e meraviglioso allo stesso tempo: un bianco unicorno era sdraiato
a terra a fianco di un giovane uomo ferito a morte.
Dapprima
titubante, Neverell esitò ad avvicinarsi, temendo che la creatura incantata
potesse reagire male nei suoi confronti, ma inginocchiandosi e strisciando
lentamente sul tappeto di foglie si avvicinò al ragazzo e vide che aveva una
freccia nera conficcata nel petto.
Il
ragazzo respirava a fatica, la vita lo stava abbandonando e Neverell, rapita
dalla gentilezza del suo volto, riscaldata nel cuore da un’emozione che non
aveva mai provato fino ad allora, si sentì invadere da una dolce sensazione di
tenerezza. Doveva aiutarlo, doveva fare qualcosa per salvarlo!
Come
prima cosa sapeva di dovergli estrarre la freccia. Appoggiò il suo capo sul suo
petto, gli estrasse l’arma che lo stava uccidendo e mentre con le mani premeva
sulla ferita, con le ali scure e spente lo avvolse per riscaldarlo e
proteggerlo dai venti freddi.
Trascorse
con lui tutto il giorno e la notte, finché Neverell si addormentò, esausta.
Al
suo risveglio del giovane non vide più traccia, ma l’unicorno era rimasto con
lei. Provò un senso di perdita, di tristezza incolmabile, sperò che si fosse
solo allontanato, ma trascorsero alcune ore, nelle quali provò anche a
cercarlo, ma del ragazzo nessun sentore. Misteriosamente l’unicorno l’aveva
seguita in ogni suo spostamento e anche quando si decise a riprendere la strada
verso casa, la creatura leggendaria non si congedò da lei…
Solo poche regole: nessun riferimento esplicito al sesso e niente sadismo. E mi riservo la facoltà di vagliare i brani inviati.
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